di Maria Trozzi corrispondente LaPresse.
‘Non esiste traccia di analisi chimiche’ sul Guerriero di Capestrano, la statua emblema della cultura italica torna al centro della discussione, per la sua autenticità, in virtù di una relazione depositata, il mese scorso, presso il Tribunale amministrativo regionale Abruzzo (Tar) da Valeria Acconcia, nominata dall’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, commissario ad acta per fare chiarezza sulla vicenda riguardante l’autenticità del Guerriero di Capestrano e dei dati Xrf sul Guerriero, la ‘Dama’ e le stele italiche, trovate in Abruzzo circa 90 anni fa.
Il report del commissario attesta l’assenza, negli archivi della Sovrintendenza archeologica belle arti e paesaggio, di analisi chimiche per la datazione dei manufatti. Il Tar Abruzzo ha giudicato ‘completo ed esaustivo’ il lavoro svolto dalla professoressa già funzionaria archeologa della Soprintendenza, che in un passaggio decisivo della perizia, fa chiarezza su alcune dichiarazioni delle istituzioni mai provate da atti ufficiali.
Dal report la consulente chiarisce che ‘non esistono documenti – né in formato digitale, né cartaceo – che attestino l’avvenuto utilizzo della spettrometria XRF (fluorescenza a raggi X) sul Guerriero, sul Torso femminile né sulle altre stele italiche” mentre il ministero della Cultura ha assicurato analisi approfondite fatte su materiali e pigmenti delle opere.
Nel 2005, due analisi furono commissionate dal Consiglio nazionale delle ricerche e da Assing Italia, già rese pubbliche dal regista Alessio Consorte nel suo docu-film’Il Guerriero mi pare strano’. Vent’anni fa i test, oggi al centro dell’attenzione, sollevarono i primi dubbi sull’antichità del Guerriero di Capestrano, recuperato in una campagna nel territorio di Capestrano nel 1934 e datato al VI secolo A.C. .“Il Ministero non ha mai avuto alcun documento che potesse certificare l’autenticità della statua”. Ha detto il regista Consorte, sostenuto in questa sua stoica ricerca dall’avvocato abruzzese, Luca Presutti.