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Tribunale, arriva Muzio Scevola

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L’avevamo detto, la dead line cadeva l’altro ieri.

Ed è caduta.

Elle est tombée come dicono i nostri cugini d’oltralpe.

Ma di questioni che riguardino il tribunale di Sulmona non si sa nulla.

Inutile fare la pandetta per ricordare che ‘sta storia del tribunale era stato uno dei cavalli di battaglia non solo del candidato sindaco ma di tutta una pletora di esponenti della destra, parlamentari e non, che sulla questione avevano giurato mettendoci una mano sul fuoco.

Lo stesso Nordio, in un incontro avuto con il coordinamento, aveva promesso che ci sarebbe stato il deposito di un disegno di legge che aveva il compito di salvare i quattro tribunali abruzzesi (più qualche altro), di un altro disegno di legge che doveva fissare nuovi criteri ordinatori della geografia giudiziaria e infine di un provvedimento di proroga al 1 gennaio 2027 della soppressione dei nostri tribunali.

Il tutto sarebbe dovuto accadere nei giorni a cavallo tra giugno e luglio.

Delle tre cose promesse manco una.

Né si hanno notizie.

Nel frattempo il tempo passa e, tra una decina di giorni circa, anche per chiamare in giudizio un italiano residente in Italia bisognerà adire, per noi, il Tribunale di l’Aquila.

E se poi guardiamo ai processi penali la cosa si rende ancora più complicata e preoccupante.

Il sindaco che ha numerosi contatti, che ha coltivato prima della sua candidatura per le ragioni del suo ufficio e dopo in virtù delle sue solidarietà politiche, potrebbe o dovrebbe sapere qualcosa.

Qualche indiscrezione, o qualche notizia fuori busta.

Ma non ci racconta nulla.

Se non altro per rassicurarci.

Oggi è sindaco e non più solo presidente degli avvocati e, se da presidente forense poteva avere buone ragioni per tenere riservate certe indiscrezioni, da sindaco ha altri doveri.

Una città in verità è una comunità e il principio informatore del rapporto tra il sindaco e la sua comunità è il dialogo e la comunicazione.

Se il sindaco non sa nulla è un problema, se sa qualcosa e non lo dice è peggio.

La città, e non solo gli avvocati, è preoccupata.

Tra l’altro ci sono delle difficoltà operative, sapere cosa sta succedendo è una priorità.

Perché non vorremmo che i tanti che hanno giurato con la mano sul braciere facciano la fine di Muzio Scevola.

Noi non facciamo i tifosi ds curva dello stadio e confidiamo e speriamo fortemente che quello preannunciato arrivi in pieno e al più presto.

Ma il dovere delle persone sagge è sempre la prudenza e la cautela, e non dare mai nulla per scontato.   

Perché, se dovesse andare male, con la mano monca, rimarremmo tutti quanti noi. 

  • Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura e ha già pubblicato tre romanzi: “La Foglia d’autunno”, “L’ombra dell’ultimo manto” e "Virgilia". Quest'ultimo vincitore del premio letterario internazionale Ovidio edizione del 2024. Giornalista pubblicista è anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo Giornale Nazionale e vice direttore de "La Giustizia".

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