Sulmona e il nostro comprensorio, proposta di linee guida per un rilancio

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Vicino al nostrio giornale c’è un gruppo.

Potremmo definirlo, con un eccesso di vanità, uno staff o una think tank

Di esperti, di tecnici, di professionisti. Può darsi. 

In realtà è un gruppo di appassionati che ama questa città e questo territorio e che vorrebbero che la politica fosse capace di dar loro quello slancio che permetta di sfreuttare tutte le loro incredibili potenzialità.

Vorrebbero essere quel meccanico capace di rimettere in pista una macchina sportiva, per troppo tempo chiusa in garage, arruginita in qualche parte della meccanica, obsoleta in qualche altra.

Ci danno il loro contributo che pubblichiamo volentieri ben sapendo che questa non è altro che la prima di diverse puntate. 

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Costruire una visione condivisa per il rilancio di Sulmona e del suo territorio.

 

La città di Sulmona e il suo hinterland attraversano da oltre due decenni una fase di marcato regresso. Di fronte a questo scenario, diventa urgente avviare una riflessione collettiva che aiuti a comprenderne le cause profonde e, soprattutto, a individuare la strada per invertire la rotta e riattivare un processo di sviluppo.

Una prima chiave di lettura va cercata nel contesto geografico: Sulmona è una città delle aree interne dell’Abruzzo, che storicamente scontano svantaggi rispetto ai territori costieri.

A questo si aggiunge un secondo fattore determinante: l’isolamento politico e istituzionale che la città ha progressivamente assunto nel corso degli anni. Sulmona non ha saputo costruire alleanze, non ha fatto sistema con il territorio circostante, non ha cercato una rappresentanza forte e coesa per rivendicare il proprio ruolo e i propri bisogni.

Anzi ha esacerbato il distacco con la città de L’Aquila aumentando le spinte campanilistiche arrivando fino a proporsi come Provincia (per oltre 40 anni questa aspirazione è stata nella testa dei sulmonesi, anche se i più avveduti sapevano che il riconoscimento non sarebbe mai avvenuto se non altro per la mancanza dei requisiti di legge).

Per dirla tutta “ l’aquilanità” non ha mai assolto alla funzione di collante del territorio provinciale, anzi ha approfittato dell’ostilità della “sulmontinità” nei suoi confronti per accentuarne il distacco.

Naturalmente in questo braccio di ferro tra una cittadina di provincia e la città capoluogo di Regione chi ha perso, malamente, è stata Sulmona.

Ma c’è anche un altro elemento, forse il più doloroso: una tendenza interna alla chiusura e alla divisione.

La città ha perso, nel tempo, la voglia di confrontarsi sulle idee e ha preferito chiudersi nella critica sterile, nell’autoscontro, nel provincialismo.

Spesso chi ha provato a proporre qualcosa è stato ostacolato più da chi aveva vicino che da chi era lontano. Lo dimostra la lunga serie di amministrazioni comunali cadute prima del termine del mandato: un sintomo, non solo politico, ma culturale.

Se vogliamo guardare avanti, è indispensabile ricostruire un tessuto di relazioni e di collaborazione.

Non solo con i comuni limitrofi della Valle Peligna, ma andando oltre i confini delle attuali Aree Urbane Funzionali.

Dobbiamo costruire una rete di comunità ampia e coesa, capace di riconoscersi in servizi comuni: sanità, scuola, trasporti, giustizia, cultura, sicurezza.

Una rete che rappresenti non i singoli municipi, ma un corpo unitario di oltre 50.000 cittadini, con una sola voce e una visione condivisa.

Ed è Sulmona che deve assumersi la responsabilità di guidare questo processo. Per storia, per posizione, per centralità infrastrutturale e istituzionale, Sulmona ha il dovere di diventare il motore di una nuova comunità territoriale.

Una comunità che non si limita a rivendicare il proprio ruolo, ma che si fa carico anche dei problemi delle realtà vicine, che ascolta e aggrega, che unisce e rappresenta.

Solo così sarà possibile avere una forza contrattuale nei confronti di Regione, Stato e istituzioni europee. Solo così si potrà tornare a progettare lo sviluppo, e non solo a gestire l’emergenza.

Finora, questo non è accaduto. Ogni comune è stato costretto a muoversi da solo, ottenendo poco o nulla. Eppure, è evidente che solo un fronte unito può essere ascoltato, solo una massa critica può pesare nei luoghi dove si decidono le politiche e si distribuiscono le risorse.

Questa aggregazione vasta e consapevole deve diventare l’azione cardine, il fondamento di ogni altra scelta strategica.

Il futuro non si costruisce sulla frammentazione, ma sulla capacità di essere guida e riferimento per gli altri. E in questo Sulmona deve ritrovare la sua vocazione più autentica.

L’Amministrazione comunale, appena rieletta, e il sindaco stesso, appaiono animati da buone intenzioni ma appesantiti dalla quotidianità e da una comprensibile inesperienza nel governo delle dinamiche istituzionali complesse. Questo non deve essere un limite, ma un’opportunità. A patto che si scelga la via dell’apertura, dell’ascolto e della valorizzazione delle competenze diffuse nella società: imprenditori, operatori culturali, realtà del terzo settore, professionisti, cittadini attivi.

Coinvolgere queste energie non significherebbe ammettere debolezza, ma dare prova di intelligenza politica e visione amministrativa. Significherebbe, finalmente, riconoscere che per uscire da una condizione di stagnazione profonda serve il contributo di tutti.

Il tempo a disposizione è poco. Ma se oggi Sulmona trova il coraggio di assumere il suo ruolo guida, allora tutti possono tornare a sperare in una rinascita vera.

  • Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura e ha già pubblicato tre romanzi: “La Foglia d’autunno”, “L’ombra dell’ultimo manto” e "Virgilia". Quest'ultimo vincitore del premio letterario internazionale Ovidio edizione del 2024. Giornalista pubblicista è anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo Giornale Nazionale e vice direttore de "La Giustizia".

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