Non siamo certo persone di facili entusiasmi, ne ci è capitato di vedere poche mostre d’arte anche di grandissimi artisti del passato o di protagonisti della scena moderna e novecentesca, ma raramente siamo stati colti da sentimenti concomitanti della stessa potenza.


Perché il sostantivo “POTENZA” tutto maiuscolo è quello che meglio si addice all’esposizione degli artisti Daniela NOVELLO, Ettore FRANI e Matteo LUCCA allestita nella cornice (anche se in questo caso la cornice agisce intensamente con le opere grazie alla scelta espositiva) del refettorio ed ex falegnameria – non dimenticate questo particolare – dell’ex monastero celestiniano di Santo Spirito al Morrone, autentica perla ed orgoglio architettonico d’Abruzzo.
I curatori, di rara sensibilità tocca dirlo, Emanuele CAVALLINI (che per una fortunata congiuzione astrale è anche il direttore di Badia, dopo precedenti a dir poco sciagurati) e Giovanni GARDINI (direttore del museo della prestigiosa Fondazione Lercaro di Bologna) con una raffinata scelta minimalista hanno collocato nella struttura alcune opere fatte col pane, con la pietra, col piombo e nel caso dell’opera “site inspired”, con le mattonelle dell’ex carcere e del pane invenduto regalato dal Panificio DONATELLI.



L’effetto, dicevamo, è potente, impattante e offre una interpretazione simbolica ed emozionale tra il titolo della mostra, che resterà aperta al pubblico fino a gennaio 2026, e il un cartiglio cui esso è ispirato e che si legge nella volta del refettorio in alto a destra dell’entrata, del tutto eloquente rispetto al senso di quello che il visitatore trova al suo interno.
L’incredibile tecnica pittorica di Ettore Frani, l’apparente semplicità dei pani di pietra e dei manufatti in piombo di Daniela Novello e i calchi umani realizzati col pane da Matteo Lucca sono una sorpresa totale anche per chi l’arte l’ha frequentata e pongono OMNES DE UNO PANE tra gli eventi artistici più importanti che mai siano capitati nella città di Sulmona da tempo immemorabile.
Proiettano di prepotenza l’abbazia come luogo d’elezione per queste iniziative, restituendole senza possibilità di replica una centralità che rende onore alla storia sua e della città più antica della regione.
Visitarla è assolutamente necessario, per varie ragioni.
Oltre ad essere una esperienza di rara emozione per chi si lascia coinvolgere da simbologie che definiremo junghiane e archetipiche, è un dovere morale per tutti coloro che davvero credono che la bellezza salverà il mondo e, forse, anche le nostre sfortunate contrade.