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Una delle cose che non mi piace del nuovo corso delle elezioni italiane, da quando ha fatto irruzione la seconda repubblica, è questa tendenza a realizzare quantità piuttosto che qualità.

E la cosa è ancor più evidente nelle elezioni comunali nella fallace convinzione che più sono le liste che vengono approntate e migliori sono le possibilità di vittoria del candidato sindaco e della coalizione.

Questa autentica stortura è chiaramente figlia delle tendenze maggioritarie che, a detta di quei soloni che le hanno concepite, avrebbe dovuto sanare un deficit del vecchio sistema proporzionale portando a una semplificazione del quadro politico.

Bene, prima enorme sciocchezza che si commenta da sola limitandoci semplicemente a esaminare l’attuale quadro sulmonese.

Fino a che vigevano le regole proporzionali, della mai abbastanza rimpianta prima repubblica, c’erano 7 partiti e sono rimasti tali per decenni: da sinistra a destra PCI, PSI, PSDI, PRI, DC , PLI, MSI.

Oggi a Sulmona, salvo ridimensionamenti dell’ultima ora (non improbabili), abbiamo 6 liste per la destra, 5, per la sinistra, 5 per il terzo polo, 1 per Di Ianni.

In tutto 17 liste.

Alla faccia della semplificazione.

Ma poi se affrontiamo il peso della aritmetica la cosa si fa ancora più grottesca.

I seggi da assegnare sono 16, di cui 10 alla maggioranza e 6 alla minoranza, il che vuol dire che, su 272 candidati,  occhio e croce diciamo che 96 potrebbero essere quelli della ipotetica coalizione vicente (80 se non sarà la destra): in tal caso ogni seggio avrà 9,6 candidati che se lo litigheranno.

Per gli altri 176 che non vinceranno addirittura la cifra arriva a 30 candidati ad accapigliarsi per ogni seggio in palio.

Mi chiedo, di grazia, ma a questo esercito di disperati queste cifre sono state spiegate?

È stato detto a tutti che non hanno speranze e che sono solo portatori di voti per fare vincere pochissimi altri?

Ma quali altre storture dobbiamo raccontare per convincerci e convincervi che tutto questo sistema, bipolare e maggioritario che sia, è quanto di peggio sia stato mai concepito in tema politica elettorale?

Quanti altri calcoli dobbiamo fare per deciderci di mandare tutto a quel paese e tornare al vecchio, collaudato, affidabile e giusto sistema proporzionale?

Eppure ormai la metà degli elettori non va a votare, ma questo non basta a togliere paccute fette di prosciutto dagli occhi della gente.

E allora godetevi la grande ammucchiata.

 

  • Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura e ha già pubblicato tre romanzi: “La Foglia d’autunno”, “L’ombra dell’ultimo manto” e "Virgilia". Quest'ultimo vincitore del premio letterario internazionale Ovidio edizione del 2024. Giornalista pubblicista è anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo Giornale Nazionale e vice direttore de "La Giustizia".

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