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La campagna è finita, da domani al voto

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E vabbé, finalmente è finita che di arricchimenti personali, quanto a temi e argomenti e a problemi e soluzioni, non abbiamo ricevuto granché.

Non ci resta certo dentro la parata di personalità politiche che ha omaggiato Radames Tirabassi, non ci restano le filosofie arcane di Trismegisto Figorilli.

Carneade Di Ianni è scomparso ingoiato dalla immensità di Piazza Maggiore e Giovanna Puglielli ancora torna dalle crociate condotte tra la gente.

Oggi dovremmo riposarci e domani al voto.

Ci sa tanto che il teorema, più liste, più candidati uguale più voti, anche questa volta non reggerà.

Al guru delle dinamiche elettorali, riconosciuto e non contestato, Andrea Gerosolimo la lezione subita sulla sua persona nel 2021 non è bastata.

Era come Serse con una flotta maestosa e potente, ma Temistocle Di Piero con le sue navi molto più piccole e meno numerose gli fece quattro punti e una scopa.

Finì peggio di come fu combattuta, con un ritiro dal campo al minuto dieci del primo tempo, di cui non si sa ancora se pesò più l’irrazionalità della follia o l’onta della vergogna, e francamente non sappiamo quale delle due ipotesi sia la peggiore.

Sei più cinque più tre più uno fanno quindici: un esercito di circa 240 candidati, uno più uno meno, per sedici posti in consiglio comunale. Quindici pretendenti a seggio. Mamma mia.

Una quindicina di giorni fa eravamo a prendere un caffè con Andrea Gerosolimo e si analizzavano le liste: “quella è forte perché ci sta Tizio che porta duecento voti, Caio centosessanta, Sempronio centoventi” e così via sullo stesso ragionamento per tutte le altre.  

Avesse detto una volta quella è forte perché c’è Tizio che è esperto di urbanistica, Caio conosce a menadito i problemi della sanità, Sempronio è un uomo di grande cultura.

La regola vale anche per le altre coalizioni, sia ben chiaro e i candidati non si pesano a competenze, ma a voti.

E fa niente se sbagli i congiuntivi e se pensi che l’ordine del giorno è quello che ti danno al ristorante.

L’importante è che sei il marito di una estetista che ha molte clienti, o che hai cinque fratelli e un vagone di nipoti o che, alla frazione, sei l’organizzatore della festa del patrono di rione.

Poi, se il teorema dei più candidati più voti non regge fa niente e se ti rimane in mano un esercito di delusi e di incazzati che vedono congiure a 360 gradi, chissenefrega.

E già perché le colpe non sono solo di chi li organizza, questi alveari da case popolari cinesi, ma pure da chi si fa coinvolgere.

Perché, di quei 240, ci credono tutti. Si vedono tutti consiglieri e se va male assessori: l’altra parola magica molto seducente.

E giù a buttare soldi con sedi elettorali come cattedrali del deserto, o con rinfreschi da prime promesse.

Poi li senti: “sono contento di questa esperienza, ringrazio la mia famiglia, per Sulmona c’è tanto da fare, mi impegnerò al massimo per farlo”.

Ma vaffanculo!

Che se ti chiedo cosa fare del Nucleo Industriale non sai manco cos’è e se ti chiedo cos’è la Tirreno – Adriatico pensi alla corsa di biciclette.

Domani si vota e oggi stiamo riflettendo.

Noi non diamo indicazioni di voto, né per gli aspiranti Sindaci, né per i futuri Consiglieri.

Ma qualche suggerimento sui criteri sì.

Non vi unite al codazzo del “voto all’amico, al parente, a quello che abita sopra, al marito della signora con la quale portiamo i figli a scuola”.

Pensate alla persona, a quello che pensa e a quello che vi ha detto, pensate a chi ha cultura e declina bene i verbi, a chi ha dimostrato di avere uno straccio di idea di questa città e ha detto qualcosa di originale per risolverne i problemi.

Pensate al fatto che non basta essere laureati o professionisti per essere sufficientemente colti per la politica.

Perché la “politica”, ovvero la competenza per amministrare una comunità, prima di una cosa pubblica, è una cultura aggiuntiva che si somma a quella comune e a volte ci può essere a prescindere che ci sia la seconda.

Ci può essere un diplomato che può avere più cultura politica di un docente universitario.

Ma lo deve aver dimostrato.

Deve avere un disegno consapevole della città, delle sue vocazioni, dei suoi equilibri, e deve avere in testa un progetto per potenziarne le possibilità.

Rifuggite le ostentazioni, rifuggite le parate, guardate alla sostanza, ma badate soprattutto che domani non disegnerete il destino della vostra città ma sceglierete il futuro dei vostri figli.

  • Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura e ha già pubblicato tre romanzi: “La Foglia d’autunno”, “L’ombra dell’ultimo manto” e "Virgilia". Quest'ultimo vincitore del premio letterario internazionale Ovidio edizione del 2024. Giornalista pubblicista è anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo Giornale Nazionale e vice direttore de "La Giustizia".

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