Sono poco più di due settimane che abbiamo pianto la morte di Papa Francesco e abbiamo vissuto la emozione del suo ultimo addio a questo mondo e alla sua Roma.
Del resto mai, come avviene nella successione dei Papi, l’emozione per la scomparsa dell’ultimo lascia il campo alla trepida attesa per la scelta del prossimo con una tale rapidità che sfiora il cinismo.
Ma forse è proprio la regola della vita che invita a guardare avanti e a mettere da parte il passato.
Ed è con questo spirito che il mondo intero guarda a Roma e al “granaio” più bello che esista.
E già perché, prima che Papa Sisto IV gli mettesse gli occhi addosso, quello che è diventata l’ottava meraviglia del mondo, era un granaio.
Eravamo nel 1477 e la basilica di San Pietro ancora esisteva.
Così come ancora esistevano gli affreschi michelangioleschi che ne decoravano l’interno.
Ci volle un altro Della Rovere infatti, Giulio II, per far realizzare da Michelangelo la volta della cappella tra il 1508 e il 1512 mentre “Il Giudizio Universale”, che si trova sulla parete d’altare, è stato dipinto tra il 1536 e il 1541 su commissione di Alessandro Farnese, al secolo Paolo III, fratello di Giulia la Bella, amante storica di Papa Alessandro III.
E già proprio lui, Rodrigo Borgia il Papa Catalano dissoluto e sfacciato che diede al mondo quel “Lo Principe”, Cesare Borgia, tanto declamato da Macchiavelli e anche Lucrezia Borgia che divenne la signora più illuminata della dinastia degli Estensi interpretando alla perfezione le spinte culturali che giungevano da quel bellissimo periodo storico che chiamiamo Rinascimento.
La fase del “conclave” è già iniziata da diversi giorni, ripetendo quel rito che risale al 1270 quando, dopo oltre mille giorni di nulla di fatto, i cittadini di Viterbo (allora sede papale) rinchiusero i cardinali in modo che potessero eleggere il nuovo Papa, che poi fu Gregorio X.
Già nei giorni scorsi si sono succedute le “congregazioni”, una sorta di riunioni in cui i Cardinali si conoscono e approfondiscono i temi della chiesa. Insomma una sorta di campagna elettorale.
Ieri, in occasione di uno di tali consessi, una misteriosa donna, di cui è stata gelosamente celata l’identità, ha compiuto l’ultimo atto che mette fine al pontificato di Francesco.
Invitata dai cardinali, nella sala dove si teneva la dodicesima e ultima congregazione prima dell’apertura del conclave, la giovane donna ha proceduto all’annullamento dell’anello piscatorio di papa Bergoglio e del timbro di piombo con cui venivano suggellate le bolle papali.
Di lei è filtrato solo che dipende come calligrafa dalla Segreteria di Stato Vaticana, quindi fino al 21 aprile scorso, dal cardinale Pietro Parolin.
L’annullamento, fino alla metà degli anni Novanta, avveniva con la distruzione dell’anello e del timbro di piombo, ora invece basta incidere e tirare una riga rapida sui rilievi di entrambi per renderne impossibile un nuovo utilizzo.
Questa mattina, in San Pietro, i cardinali hanno partecipato alla solenne “Missa pro eligendo Romano Pontefice” per favorire la discesa dello Spirito Santo, loro fonte di ispirazione.
È l’inizio ufficiale del conclave.
Nel pomeriggio, intonando il canto del “Veni Creator Spiritus”, si recheranno in processione all’interno della Cappella Sistina.
E qui, dopo le ultime operazioni di sistemazione dei porporati, verrà pronunciato lo storico “extra omnes”, (fuori tutti) con il quale monsignor Diego Ravelli, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie inviterà tutti coloro che non sono elettori ad abbandonare la Cappella Sistina.
Da quel momento nulla più arriverà al mondo esterno se non la celebre fumata dal comignolo.
È stato montato appositamente e collegato alla cosiddetta “Stufa del Conclave”, in ghisa e di forma cilindrica.
Ha due sportelli: uno inferiore, per accendere l’innesco, e uno superiore dove introdurre i documenti da bruciare. Risale al 1939.
Al suo interno, dopo ogni scrutinio, verranno bruciate le schede della votazione.
La fumata nera comunicherà la mancata elezione, quella bianca annuncia che è stata raggiunta la soglia necessaria.
Gli orari indicativi delle fumate per oggi, quando ci sarà una sola votazione, sono intorno alle 19; da domani sono previsti quattro scrutini (due al mattino e due al pomeriggio).
Le fumate però saranno riepilogative, solo due al giorno, alla conclusione delle due votazioni.
Solo se in una delle prime votazioni si dovesse eleggere il Papa ci sarà subito la fumata banca.
Le votazioni sono previste alle 10.30 e alle 12, intorno alle 17.30 e alle 19.
I cardinali, dopo aver votato, sfileranno davanti l’urna e, tenendo la scheda piegata in alto, pronunceranno la formula “chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”, e poi la depositeranno su un piatto d’argento dal quale poi la faranno scivolare nell’urna.
La maggioranza richiesta è dei due terzi e si voterà così sino al 34° scrutinio.
Da quel momento inizierà la fase dei ballottaggi e potranno essere votati solo i due cardinali che avranno ricevuto, nell’ultima votazione, più voti.
Dopo l’elezione, al Papa verrà pronunciata la formula con la quale è chiamato ad accettare: “Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?”
Successivamente alla proclamazione, si ritirerà nella “stanza delle lacrime”, la sacrestia della Cappella Sistina, chiamata così perché spesso gli eletti hanno sfogato la tensione piangendo.
Qui indosserà per la prima volta la talare bianca con la quale si presenterà al mondo dalla Loggia delle benedizioni, preceduto dalla famosissima formula “Annuntio vobis gaudium magnum, Habemus Papam”, pronunciata dal protodiacono.
I cardinali elettori, ovvero quelli che hanno meno di 80 anni, sono 133 e provengono da ben 71 Paesi: 107 nominati da Bergoglio, 21 da Ratzinger, 5 da Wojtyla.
Gli europei sono 52 (di cui 17 sono gli italiani), i centroamericani 4, i sudamericani 17, i nordamericani 16, gli africani 17, gli asiatici 23, i porporati dell’Oceania 4.
Per eleggere Francesco, nel 2013, furono necessarie cinque votazioni in due giorni. Per Benedetto XVI, nel 2005, quattro scrutini in due giorni. Per Giovanni Paolo II, nel 1978, otto votazioni in tre giorni.
Cercando di non dimenticare le profezie di Malachia, che prevede che l’ultimo Papa si chiamerà Petrus e quella di Nostradamus che prevede che l’ultimo sarà un Papa Nero e dopo di loro la fine del mondo, i rumors parlano di tre italiani Parolin (Pietro), Zuppi e Pizzaballa e poi del filippino Tagle (pelle scura), del francese Jean-Marc Aveline, l’arcivescovo di Rabat Cristóbal López Romero, Robert Francis Prevost e l’arcivescovo di Budapest Péter Erdő.
Ma, come si sa, chi entra Papa in conclave ne esce Cardinale.
Ma è ora di andare.
Extra Omnes.