“Quel volto bello” di Sulmona “che le apparteneva, per molti versi, è oggi un volto sfregiato.”
Questo il mantra di un ampio comunicato dei ragazzi della lista Metamorfosi.
Un atto di accusa verso una sorta di immobilismo cittadino ingabbiato tra i gangli dei giochi della politica.
“Risollevare la nostra città (…) non è cosa semplice, ma di sicuro non impossibile! Occorre” prosegue il comunicato “anzitutto, concretezza di fatti e programmi veri e pronti per essere realizzati: noi li abbiamo, pronti per diventare reali!”
Bene, bravi, bis. E diteci di grazia, di questi programmi quand’è che ci raccontate qualcosa? Quand’è che ce li fate leggere?
No perché la politica non è una partita di poker con ‘il buio’, che si gioca a carte interamente coperte.
La politica è dibattito, discussione e, sotto elezioni, è soprattutto informazione e trasparenza.
O vogliamo pensare che la campagna elettorale sarà, come si sta cominciando ad adombrare, solo una passerella di costose sedi elettorali, manifesti pieni di faccioni, kermesse con nomi altisonanti, e conviviali da service club.
Già se ci mettessimo a pensare contando le dita ci verrebbero in mente una decina di questioni non di poco conto.
Ma non sta a noi riferirle, noi non ci siamo candidati a guidare la città. Vogliamo vedere cosa uscirà fuori da Metamorfosi o da una qualunque delle altre coalizioni.
Ma poi questo esercito di candidati, tutti potenzialmente eleggibili, davvero saprebbero cosa dire o cosa fare una volta seduti a uno dei banchi di Palazzo San Francesco?
No perché la scuola politica della Prima Repubblica, quando si frequentavano le sedi di partito e il primo passo della gavetta era andare ad attaccare i manifesti e esser candidati alle comunali l’onore dell’ultimo, non c’è più.
Ora il metodo è di fare più liste possibile, raccattare “il marito dell’estetista” o “la signora con la quale ci incontriamo a portare i figli a scuola”, perché lo scopo non è la qualità, ma la quantità di candidati.
Più ne sono, pensano gli esperti di ingegneria elettorale, e più sono voti.
Come se recenti, e meno recenti, esperienze elettorali non avessero detto il contrario.
“E ma questo è il maggioritario” dicono i sapienti della politica.
E sti c…, e allora viva il proporzionale.
Erano sempre le stesse liste. I nomi erano quelli dei partiti e non quello di questo o quell’aspirante sindaco, il primo cittadino era eletto dal consiglio e, diciamocelo francamente, tutto funzionava meglio.
Ma fare i nostalgici non serve.
Però di dire che il livello è diventato bassissimo, permettetecelo.
Permetteteci di dire anche che, all’epoca, si parlava di problemi e di soluzioni e tutti quelli che si accostavano alla politica e alle elezioni qualcosa da dire ce l’avevano.
Oggi si parla di aria fritta.
Ma non solo tra i peones, pure tra i generali e gli ammiragli.
“Ma è il nuovo corso” diranno.
Ça va sans dire, mais on l’a dit quand même.