Riceviamo e pubblichiamo.
La Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture, presieduta da Osvaldo Menegaz, ogni estate trasforma Castelbasso, piccolo centro della provincia teramana, nel Borgo della cultura.
Nell’edizione 2025 protagonista sarà la mostra personale di Gilberto Zorio (Andorno Micca, Biella, 1944) che rende omaggio a uno dei principali artisti italiani, nonché esponente di spicco del movimento dell’Arte povera. Concependo l’arte un campo inesauribile di energia fisica e mentale, fin dai suoi esordi Zorio ha indirizzato la propria ricerca verso una processualità funzionale a rendere continuamente mutevole ogni opera. Predisponendo reazioni chimiche o fisiche, e assurgendo il tempo a elemento cardine, immette nel suo lavoro un ciclo vitale, di fronte al quale egli stesso si pone come spettatore. Dopo 22 anni dalla mostra collettiva Alchimie del Mito, Zorio torna a Castelbasso per proporre una mostra in due sedi, a palazzo De Sanctis e a palazzo Clemente, concepita come un’incursione nei suoi 60 anni di attività, dalla metà degli anni Sessanta fino a oggi, svolta mediante una selezione di 30 opere iconiche. A palazzo De Sanctis l’esposizione si sviluppa sui tre piani dell’edificio per delineare un viaggio cronologico e tematico all’interno dei principali motivi iconografico-concettuali del lavoro dell’artista: dalle reazioni chimiche e fisiche sviluppate nella seconda metà degli anni Sessanta attraverso la combinazione di elementi tra cui tubi dalmine, cemento, polvere di zolfo, solfato di rame, acido cloridrico e rame (al piano terra del palazzo), alle opere degli anni Settanta in cui la luce e la parola divengono portatrici di trasformazione (al primo piano del palazzo), fino ai lavori successivi che, evocando il tipico lancio da dietro in avanti dei giavellotti da cui sono costituiti, incarnano la convergenza tra passato, presente e futuro (al secondo piano, davanti alla prima rampa delle scale al piano terra e sopra quella prima rampa del palazzo). Sottolinea la curatrice Ilaria Bernardi: “Focalizzatosi sull’energia che in quanto tale produce movimento, nel suo lavoro Zorio supera la linearità dello spazio e soprattutto del tempo. Alla stregua del giavellotto che più viene portato indietro dalla mano che lo impugna più andrà lontano una volta lanciato, così il lavoro dell’artista prende lo slancio andando indietro, indagando nella storia del mondo, per proiettare lontano, nel futuro, i suoi miti e archetipi”. La seconda parte della mostra si sviluppa a palazzo Clemente e si focalizza sulle possibili declinazioni dell’elemento iconografico-concettuale per cui Zorio è maggiormente conosciuto: la stella, entrata a far parte del suo lessico fin dal 1972. Stelle che appaiono su pelli, su pergamena, su rame, su ferro, su alluminio, nonché stelle disegnate su carta per progettare grandi Torri Stella, accompagnano il visitatore verso una “rivelazione”: “La stella è un’immagine fantastica, estremamente energetica, galleggia nello spazio…metafora di un miraggio irraggiungibile ma pensabile”, come spiega l’artista.