Carrefour se ne va.
E chissenefrega dirà qualcuno, non sono manco italiani.
E già ma la questione è che la azienda francese, specializzata in grande distribuzione, vanta in Italia 18.000 dipendenti di cui 10.000 impiegati nella propria rete di punti vendita diretti e circa 8.000 occupati nei punti vendita in franchising.
E la somma fa esattamente 18.000.
Tre volte i dipendenti della Marelli che in Italia ne ha 6.000.
E tra l’altro l’azienda francese ha punti vendita a Sulmona e nel nostro comprensorio.
Quindi se destano allarme le sorti di Marelli non vediamo perché dovrebbero esserci indifferenti quelle di Carrefour.
La notizia nasce da un articolo del settimanale tedesco Lebensmittel Zeitung che riferisce anche che ci sarebbero state delle manifestazioni di interesse, per l’acquisto dei punti vendita aziendali, da parte di di Lidl, Esselunga e Conad.
I motivi di tale crisi consistono in ripetuti deficit della azienda in Italia.
Negli ultimi anni, infatti, Carrefour ha registrato risultati finanziari molto negativi.
Nel 2024 le vendite hanno subito una flessione del 5,3%, attestandosi a 3,63 miliardi di euro, con perdite pari a circa 250 milioni di euro.
Questi dati riflettono una difficoltà strutturale nel mercato italiano, considerato complesso da gestire e meno produttivo rispetto ad altri Paesi europei.
Già da diversi anni il gruppo ha mostrato segnali di disimpegno, attraverso una strategia basata sulla cessione dei punti vendita diretti e sulla progressiva estensione del modello in franchising, più leggero in termini di gestione e meno esposto al rischio operativo.
Tuttavia, la pressione finanziaria e la necessità di una profonda ristrutturazione globale rendono sempre più concreta l’ipotesi di un’uscita definitiva dal mercato italiano cosa che potrebbe avere conseguenze rilevanti per i dipendenti.
La chiusura di ulteriori punti vendita potrebbe comportare nuovi licenziamenti o trasferimenti a nuove società.
Con la crescita del debito, la perdita di quota di mercato e l’urgenza di ristrutturazioni globali, l’Italia rischia di diventare un tassello da sacrificare per proteggere gli equilibri economici del gruppo francese.
Sino ad ora ci ha pensato la casa madre transalpina a finanziare la divisione italiana che fortunatamente per i francesi occupa appena il 5% degli interi investimenti di Carrefour nel mondo.
A furia di ricapitalizzare dalla Francia sono arrivati, negli ultimi anni, 1,6 miliardi.
Un buco che racconta il gigantesco flop della campagna d’Italia dei transalpini, gli inventori di fatto della grande distribuzione moderna, con i loro iper mercati e i grandi shopper commerciali.
Ma mentre Carrefour marciava a passo spedito verso il baratro, la gran parte dei competitor gli utili li produceva.
A fronte del passivo da quasi 900 milioni nel quinquennio 2019-2023 dell’insegna francese, come documenta il report di Mediobanca, Esselunga ha prodotto utili netti per oltre 800 milioni. Mentre i low discount come Eurospin e Lidl hanno cumulato profitti rispettivamente per 1,5 miliardi e un miliardo.
Evidentemente i transalpini hanno un problema di efficienza di gestione.
Il gruppo, che nel 2023 ha prodotto ricavi per 3,8 miliardi, vede ogni anno i costi di produzione superare il valore delle vendite.
E di certo non è il costo del lavoro la variabile che incide su questa performance così deludente.
Il costo complessivo dei 10mila dipendenti del gruppo è di 480 milioni di euro annui, pari a poco più del 12% dei ricavi totali.
Tra l’altro, tra chiusure e ammortizzatori sociali, Carrefour è il gruppo che più ha tagliato i costi relativi alla forza lavoro, visto che negli ultimi anni l’organico è diminuito di un terzo.
Occorrerà ora capire a che prezzo, e soprattutto quanto peseranno i costi di ristrutturazione, per rendere profittevoli i supermercati di Carrefour, che hanno cumulato quasi 2 miliardi di perdite dal loro sbarco in Italia.