Sulmona, e per essa il nostro comprensorio, è come una autovettura, una sportiva potente in anni lontani, oggi una utilitaria anche un po’ sfiatata dalla vetustà e dal decorso di anni difficili.
E, rimanendo nella metafora, non è certo un cambio olio e filtro quel che le serve, se l’obiettivo è quello di dare uno slancio alla città e non prolungarne l’agonia a botte di chemio.
È chiaro che, se nella testa di qualcuno ci fosse l’idea di provare a ridarle un motore potente forse non proprio una Ferrari che non lo è mai stata ma comunque una bella sportivazza di razza, ci vuole un cambio di passo deciso.
Che non può certamente essere quello che è emerso durante la campagna elettorale fatto di ingentilimento del centro storico o di cura e pulizia del verde pubblico.
O almeno non solo questo.
E se volessimo provare a dare un contributo ci sono due partite che ci vengono in mente da giocare sul terreno della Sulmona 2040.
E già perché gli investimenti seri, in termini di progettualità intendiamo, quelli che porteranno benefici duraturi destinati forse ai nostri figli, forse ai figli dei nostri figli, sono quelli proiettati nel tempo.
Forse non sarà il 2040 ma certamente non l’anno prossimo.
Tra le partite c’è indubbiamente quella della cultura.
Sulmona è indubbiamente una bella vetrina nella quale si espongono tante cose della città, dalle bellezze monumentali a quella naturalistiche che ci circondano, dalle manifestazioni delle nostre tradizioni a quelle della nostra storia, agli eventi contemporanei, ai premi, alle gallerie, alle mostre, alle attività teatrali e musicali.
Ma se si vuole davvero interpretare quella vasta filosofia, che vede nella cultura la industria del terzo millennio, bisogna prevedere di cambiare passo e registro.
E nel segno di tale percorso c’è da chiedersi se non si possa, o si debba, trasformare la vita culturale di Sulmona da vetrina per esposizione a laboratorio di produzione.
E andare quindi alla ricerca di mezzi e strumenti per trasformare, per esempio, la nostra città in una grande accademia delle arti, magari con riguardo a quelle moderne quale la cinematografia, facendone la culla in uno dei tanti bellissimi monumenti che abbiamo, primo tra tutti la Abbazia Celestiniana.
O sfruttare la montagna, e il parco che ci perimetra dentro, per creare scuole di sport montani, quali essi siano, vere università della montagna, che possano sfruttare vette, quali le nostre, che non hanno nulla da invidiare alle altitudini alpine.
Queste sono idee, o embrioni di idee, destinate a potenziare un comparto economico del quale ancora apprezziamo la portata, ma che già c’è, che è quello del turismo.
Non per attrarre il turista da un giorno o un week end, ma dinamiche preferibilmente giovanili, che possano pensare di fare a Sulmona soggiorni stanziali e prolungati.
Gente che viene per stare e restare magari un mese o due settimane.
Ma non c’è turismo senza infrastrutture.
In questo campo la osservazione delle dinamiche europee è un obbligo.
È facile pensare ai “ten-t”, a quei corridoi europei orizzontali e verticali che saranno oggetto di importanti interventi infrastrutturali perché destinati a creare una rete di trasporti (strade, ferrovie, vie navigabili, porti, aeroporti e nodi intermodali) che l’Unione Europea sta sviluppando per integrare i sistemi di trasporto nazionali in un sistema europeo coeso e interoperabile, favorendo la libera circolazione di persone e merci.
E se qualcuno si chiedesse “a noi che ci viene?” la risposta, oltre che essere quella di favorire l’afflusso del traffico turistico verso la nostra città, è anche quella di guardare ai qui “nodi intermodali” che sono proprio le città che si collocano sul percorso dei “ten-t”, che anch’esse beneficeranno di investimenti per svolgere un ruolo cruciale nella rete di trasporto.
Non vogliamo fare i primi di della classe e certo le cose da fare non si fermano qui.
Abbiamo provato a lanciare un paio di esempi più che altro per far capire che, se Sulmona fosse un musicista, la musica da comporre, o da suonare, non sarebbe quella ordinaria tra le righe del pentagramma ma quella geniale, fuori spartito, di quei grandi musicisti come lo fu un Mozart.
Ecco perché non servono tagliandi e tantomeno meccanici da officine di concessionaria.
Bisogna cominciare a pensare in grande, da box di una grande scuderia che fa le corse, dove i meccanici trasformano una Panda in una F3.
Ecco, forse la prima cosa è la nostra mentalità da cambiare.
Se vogliamo cambiare passo.
Altrimenti continuiamo a vivacchiare.
( foto di copertina di Concezio Presutto)