A Quagliarello il premio Silone

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Il Premio Ignazio Silone 2025 è stato assegnato a Gaetano Quagliarello.

Richiamando le finalità dello statuto del premio il Presidente Marsilio, nel consegnare il riconoscimento, ha ribadito che Quagliarello è “quanto di più appropriato e autentico, per la sua adesione ai valori di verità e giustizia sociale che hanno animato l’opera e la vita di Silone”.

Vabbé o ci mettiamo a ridere o a piangere, restare indifferenti non si può.

Lasciamo da parte per un attimo la considerazione che i premi di tal fatta dovrebbero essere universali e non tenere conto del colore politico. Invece questi si premiano fra di loro.

Ma pur se così non fosse cosa c’entra la storia di Silone con quella di Quagliarello?

Cosa c’entra Quagliarello con Silone.

Scrittore e giornalista lo definisce Marsilio.

Si vede che di Silone non sa un fico secco.

Forse non sa neanche che si chiamava Secondino Tranquilli.  

E a una persona come Marsilio, che è il participio presente del verbo ignorare, non può essere permesso di concedere premi culturali, puranco se è il presidente della Regione.

Quagliarello, che proviene dal Partito Radicale, ha letteralmente rinnegato tutti i valori libertari che animavano la cultura politica dei radicali come quando, in occasione della vicenda Eluana Englaro, fece un intervento indecente in aula contro tutte le dolorose battaglie di libertà che il padre Beppino aveva condotto in sede giudiziaria per dare un termine alle sofferenze della figlia.

Altro che i “valori di verità e giustizia che hanno animato l’opera e la vita di Silone”.

Silone, che in un primo momento (nel 1921) aderì al Partito Comunista, ne fu espulso nel 1931 per la sua posizione molto critica nei confronti di Stalin e dello stalinismo.

Stava maturando in lui una coscienza piena e convinta di natura socialista e riformista.  

Sul finire della guerra, dopo una grande attività letteraria volta ai valori della difesa dei deboli, aderisce al Partito Socialista Italiano ma, dissentendo dalla scelta di Nenni di allearsi nel Fronte Popolare con il PCI e dopo l’esperienza nella Costituente, seguì Saragat in quello che poi fu il PSDI.

Questo è Silone, un campione della coerenza ai valori della libertà e della solidarietà che non temette di correggere le sue scelte iniziali e di collocarsi nel suo alveo più naturale.

Cosa c’entra l’illuminato percorso di Silone con quello di Quagliarello che, pur di conquistare uno scranno da parlamentare, ha fatto esattamente il contrario non si riesce a capire.

Da giovane aderì al Partito Radicale ed ebbe un ruolo attivo nelle varie attività promosse dal partito, quali le campagne referendarie sull’aborto, il nucleare e la caccia.

Nel corso di una marcia anti-nuclearista contro la base militare statunitense de La Maddalena, assieme a Francesco Rutelli viene fermato per essere entrato in una zona off limits.

Successivamente aderisce a Forza Italia e ne diviene senatore nel 2006.

Durante la sua carriera parlamentare spicca, nel 2007, il suo voto contro la modifica della Costituzione tesa a eliminare definitivamente la possibilità di far ricorso alla pena di morte “nei casi previsti dalle leggi militari di guerra“.

Poi la vicenda Englaro di cui abbiamo scritto prima.

Insomma, quella dell’esponente di destra, è una storia tutta al contrario rispetto a quella di Silone.

Con questo non vogliamo dire che Quagliarello non meriti premi, (per noi nessuno) ma non certo quello intitolato a Silone.

Alla fine questo è il livello culturale della destra italiana.

Ignora le vicende di vita, il pensiero, le opere, la cultura dei grandi uomini che hanno fatto la storia del nostro paese e che sicuramente non avrebbero mai condiviso le posizioni politiche dei partiti che oggi rappresentano la destra italiana.

Figuriamoci se Silone avesse potuto condividere un La Russa, con i suoi busti del duce dentro, o un Salvini che sia dichiara eroe della patria perché ributta a mare i barconi di disperati.

Accostamenti che fanno inorridire la storia e di cui questi non hanno vergogna.

Next stop ci aspettiamo la istituzione di un Premio Matteotti concesso a La Russa.

Dopo di ché il mondo potrà anche finire.

 

 

  • Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura e ha già pubblicato tre romanzi: “La Foglia d’autunno”, “L’ombra dell’ultimo manto” e "Virgilia". Quest'ultimo vincitore del premio letterario internazionale Ovidio edizione del 2024. Giornalista pubblicista è anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo Giornale Nazionale e vice direttore de "La Giustizia".

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