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A volte la storia è matrigna e sbaglia facendo ingiustizie.

Diceva Platone che il capolavoro della ingiustizia è di sembrare giusta senza esserlo.

E non è la prima volta che, parlando di Sulmona e dei suoi figli, la storia sbaglia, dimentica o peggio ancora ignora.

La “liberazione”, intesa come l’evento storico che restituì all’Italia i suoi orizzonti di libertà e democrazia, toccò ovviamente anche Sulmona.

Chi furono i personaggi che sancirono, sotto il profilo del simbolismo storico, la liberazione di Sulmona?

La nostra città era stata già abbandonata dai tedeschi ma era rimasta isolata.

All’epoca i bombardamenti avevano distrutto molte delle principali vie di collegamento tra le varie città italiane compresi l’Abruzzo e il nostro territorio.

E quindi muoversi tra le varie città e avere notizie dalla varie comunità era complicatissimo.

La storia dice che a “liberare” Sulmona furono i partigiani della Brigata Maiella.

Ma c’è una vicenda diversa che parla di altri personaggi che arrivarono prima.

Ovviamente non si tratta di polemizzare o di assegnare medaglie al primo e al secondo ma solo di dare la giusta voce a chi, quella storia così importante, ha contribuito a segnarla e a scriverla.

Questo bel spicchio di storia ce la racconta Antonio Di Bacco, noto giornalista sulmonese, con questo racconto che riportiamo integralmente.

“Per parlare della liberazione di Sulmona, parto da questo curioso episodio, pubblicato lo scorso anno, precisamente il 10 luglio del 2024, sulle pagine dell’edizione fiorentina del Corriere della Sera.

Ecco il titolo: L’incredibile storia del gallese Gareth: guarda le foto sul sito di un museo di Londra e scopre che il nonno ha liberato Arezzo dai nazifascisti (79 anni dopo).

Quindi Gareth va a Londra a spulciare le foto della Seconda Guerra Mondiale; riconosce in una di esse il nonno Glyn, mentre combatte con l’esercito inglese per liberare Arezzo. La storia si diffonde sui social e la città di Arezzo lo invita alle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario della liberazione.

Veniamo a Sulmona. Non sono soldati inglesi o americani o francesi o canadesi a liberarla. A fronte della ritirata dei tedeschi, furono i soldati italiani a entrare per primi a Sulmona, nel giugno del 1944. Però questa storia non finisce sui giornali, anzi viene regolarmente messa da parte pure quando ci sono interviste e documenti vari a ricordarla. E per completare l’opera, si appone una targa in marmo, nel 1994, nel cortile del Comune, in cui si sostiene che a liberare Sulmona furono i patrioti della Brigata Maiella.

Come andarono le cose? Ripercorriamo, a beneficio dei più distratti o smemorati, quanto accadde nel giugno del 1944. Imperversava la guerra sulla Linea Gustav; l’Esercito Italiano partecipava alle operazioni belliche con un nutrito contingente di circa 25 mila uomini (poi arrivati a circa 40 mila unità) denominato C.I.L., Corpo Italiano di Liberazione. Dopo lo sfondamento a Montecassino, alcune unità del C.I.L. vennero dirottate sul versante adriatico, con il preciso compito di risalire la penisola sul versante orientale, ingaggiando scontri aspri con i tedeschi e con quei soldati italiani che invece avevano giurato fedeltà a Mussolini e alla Repubblica Sociale.

Vittorio Di Bacco
                          Vittorio Di Bacco

A liberare Chieti furono proprio soldati italiani del C.I.L., precisamente i paracadutisti della Brigata Nembo, il 9 giugno. Più o meno in quei giorni, attorno al 9 o forse il 10 giugno, il generale Utili, comandante del, decise di inviare a Sulmona una pattuglia di 8 bersaglieri della Brigata motorizzata (nel caso di specie motociclisti), con il compito di capire che cosa era successo al capoluogo peligno, del quale non si avevano notizie. Fu cosi che gli otto bersaglieri arrivarono a Sulmona a bordo delle loro moto, passando da via Carso e risalendo su Porta Iapasseri. Perché proprio i Bersaglieri? Perché due di essi erano di Sulmona, (Vittorio Di Bacco e Raffele Del Basso Orsini)e si ritrovarono, per un caso del destino commilitoni, ed erano in grado di arrivarci evitando le strade minate dai tedeschi, ma percorrendo sentieri e stradine di campagna.

Come a Chieti, i sulmonesi si attendevano gli inglesi. Arrivarono invece, come a Chieti, ma senza combattere,  gli Italiani. Accertato che la guarnigione tedesca aveva abbandonato la città, gli 8 bersaglieri, il giorno seguente, tornarono al Comando di Chieti per portare comunque importanti notizie su quella parte di territorio, così strategico per essere al centro di importanti vie di comunicazione.

Questa è la storia. Dimenticata fino al 1994, quando la tirai fuori, grazie a una intervista a Raffaele Del Basso Orsini. Al contrario di quanto accaduto ad Arezzo e a Chieti, Sulmona non ha mai voluto ricordare come andarono effettivamente le cose nel 1944, preferendo affidarsi ad altre ricostruzioni. Che hanno permesso di mettere una targa in marmo nel cortile del Comune, ma che stridono e non poco con la verità storica dei fatti e con il rispetto di chi quella guerra la fece.

lo scorso 15 aprile ho inviato una PEC al Prefetto dell’Aquila, Giancarlo Di Vincenzo, e al Commissario Straordinario del Comune di Sulmona, Ernesta D’Alessio. In vista delle celebrazioni del 25 aprile, nell’ottantesimo anniversario dalla data simbolo della Liberazione, ho invitato i due rappresentanti istituzionali a non dimenticare quanti combatterono, furono feriti o morirono, per la patria, per la libertà, per la democrazia. Tutti, nessuno escluso.

Sono più di 30 anni, esattamente dal 1994, che coloro i quali, in virtù del ruolo istituzionale rivestito pro-tempore (Sindaco, Presidente del Consiglio Comunale, assessori, consiglieri, ecc.) Sulmona dimenticano di inquadrare con esattezza e verità, da un punto di vista storico, i fatti relativi alla cosiddetta liberazione di Sulmona.

Quindi si: il Corpo Italiano di Liberazione, ossia il ricostituito Esercito Italiano post 8 settembre 1943, liberò diverse città in Italia. Ma nessuna città italiana è stata liberata da propri cittadini, soldati che non vennero meno al proprio dovere e che anzi parteciparono con slancio e amor di patria ad una guerra finalmente giusta. Uno sforzo che comunque non salvò l’Italia dall’essere considerata sconfitta alla fine del Secondo conflitto mondiale.

Uno sforzo doppiamente inutile se si pensa che persino la loro città li ha completamente ignorati; e continua ad ignorarli da 81 anni a questa parte.

I primi ad arrivare a Sulmona, ormai abbandonata dai tedeschi in ritirata verso il nord della penisola, nel giugno del 1944, furono 8 bersaglieri del C.I.L., vale a dire del Corpo Italiano di Liberazione,  il ricostituito Esercito Italiano, combattente al fianco dei nuovi Alleati.

Tale “dimenticanza” non può più essere considerata frutto di mera ignoranza storica, in quanto chi scrive, da ormai molti anni, si fa carico di raccontare, attraverso carta stampata, video, interviste alla radio e persino su TikTok, chi, quando, come e perché “liberò” veramente Sulmona.

Già lo scorso anno inviai, sempre via PEC, la documentazione in mio possesso, tanto al Sindaco quanto al Presidente del Consiglio Comunale dell’epoca (quest’ultimo incontrato anche personalmente).   Non ottenni risposta alcuna.

Mi chiedo e vi chiedo: da quali fonti è stata tratta quella che è poi diventata la versione ufficiale, ossia Sulmona liberata dalla Brigata Maiella, come si legge su una targa in marmo, apposta nel 1994 nel cortile di Palazzo San Francesco?

Mi interesso tanto a questa vicenda della cosiddetta “liberazione” di Sulmona in quanto sono figlio di Vittorio Di Bacco, uno di quegli 8 bersaglieri. Quindi non ci sono alla base ragioni di contrapposizione o pregiudizio politico e ideologico, ma un semplice amore di verità.

Non ho mai messo in discussione quello che è stato fatto dai patrioti della Brigata Maiella durante la Guerra di Liberazione, ma chiedo che si riservi un trattamento giusto e decoroso anche per altri soggetti, dimenticati da tutti, persino nella loro città natale.

Sono stati scritti decine e decine di libri sugli eventi e sui personaggi, piccoli e grandi che hanno visto Sulmona e i sulmonesi coinvolti, spesso loro malgrado, durante la Seconda Guerra. Eppure nessuno, tra gli storici e i ricercatori, si è preso la briga di andare a vedere che cosa successe esattamente a Sulmona subito dopo la ritirata dei tedeschi.

Per quanto mi riguarda, posso dire con assoluta certezza che nessuna altra città in Italia è stata “liberata” da 2 suoi cittadini, con addosso l’uniforme dell’Esercito Italiano che combattevano per liberare l’Italia; Bersaglieri che venivano da altre battaglie e altri fronti, l’ultimo dei quali quello di Montecassino. Quindi non proprio una passeggiata di salute.

Subito dopo l’insediamento, chiederò al nuovo Sindaco di chiarire il suo pensiero su questi avvenimenti del giugno del 1944 e su quella targa, atteso che riporta una versione dei fatti non coincidente con quanto risultante dalle mie fonti e dalla documentazione in mio possesso.

La mia è una battaglia fatta per ristabilire la verità storica dei fatti; per evitare di ricordare ed esaltare alcuni e dimenticarne tanti altri, che furono protagonisti, con pari dignità di tutti gli altri combattenti, “alleati” e italiani, delle vicende belliche e della guerra di Liberazione dal 1943 al 1945.”

  • Direttore responsabile. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura e ha già pubblicato tre romanzi: “La Foglia d’autunno”, “L’ombra dell’ultimo manto” e "Virgilia". Quest'ultimo vincitore del premio letterario internazionale Ovidio edizione del 2024. Giornalista pubblicista è anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo Giornale Nazionale e vice direttore de "La Giustizia".

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