ABRUZZO – I recenti fatti giudiziari che hanno riguardato l’Alto Sangro con il sequestro di beni mobili, immobili e societari poiché acquisiti mediante il riciclaggio di “denaro sporco” proveniente dalle attività illecite del clan dei Casalesi, stanno a testimoniare – semmai ce ne fosse ancora bisogno – quanto le associazioni malavitose siano penetrate e ramificate nel tessuto sociale ed economico abruzzese. Scrive Segretario generale Unarma per la Regione Abruzzo Alessandro Marconi.
Ad ulteriore conferma si registra che nell’ultimo biennio (2020/2021) le inchieste connesse alla “mafia dei pascoli” hanno portato in Abruzzo all’adozione di 24 misure interdittive antimafia da parte delle Prefetture nei confronti delle aziende la cui attività sono state ritenute attribuibili direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, con una tendenza in aumento del 71% rispetto ai precedenti due anni.
L’Abruzzo non può essere più considerata un’isola felice, ma da zona di confine è divenuta a tutti gli effetti territorio di proliferazione di attività mafiose che in terra dannunziana hanno trovato terreno fertile per radicarsi ed ampliare il loro giro d’affari.
Proprio nel 2022, in cui ricorre il trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio, la segreteria regionale dell’associazione sindacale dei Carabinieri UNARMA esorta a non sottovalutare questi fenomeni ed invita le autorità competenti ad adoperarsi affinché l’Abruzzo non venga espoliato di presidi di sicurezza come i Tribunali minori, i quali anziché essere soppressi andrebbero potenziati per contrastare il dilagare delle criminalità organizzata.