ROMA – Anche da Sulmona i pacifisti hanno partecipato alla grande manifestazione di sabato scorso a Roma. Per gridare “no all’aggressione di Putin all’indipendenza e alla libertà dell’Ucraina”, “basta con il massacro, facciamo tacere le armi”, “la guerra non si combatte con la guerra”, “dobbiamo disarmare il mondo prima che sia troppo tardi”, “intervenga l’ONU come forza di interposizione per una trattativa vera che garantisca la pace”. Nel lungo corteo dei cinquantamila che hanno sfilato per le vie della capitale, unanime è stato lo sdegno per la criminale guerra scatenata dalla Russia contro un popolo fratello , ma tantissime sono state anche le voci contro la decisione dell’Italia di inviare armi in Ucraina e contro la politica espansionistica condotta dalla NATO negli ultimi decenni.
Per uno Stato come quello italiano, che ha sancito nella propria costituzione il ripudio della guerra, l’invio di armi è inaccettabile perché contribuisce a creare una spirale molto pericolosa che ha al suo culmine il rischio di una guerra nucleare; ma è anche inutile perché da mesi le potenze occidentali, Stati Uniti in testa, hanno provveduto a rifornire l’esercito ucraino di armi moderne in grado di competere con quelle del gigante russo.
La NATO è un residuato della guerra fredda. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica la NATO non aveva più giustificazione e sarebbe dovuta scomparire, come è scomparso il Patto di Varsavia. Ma questo non è avvenuto. L’Europa, anziché lavorare per costruire un sistema di difesa comune e un solido processo di distensione con la Russia, ha commesso il grave errore di assecondare la strategia di ampliamento della NATO nelle regioni ad est del continente. In questo modo sono stati forniti a Putin argomenti per sostenere la tesi dell’ “accerchiamento “ della Russia. Ma, al di là delle responsabilità dell’occidente, nulla può giustificare l’aggressione delle forze armate di Putin ad un altro Stato sovrano e la violazione dei più basilari diritti umani. Violazione perpetrata anche contro gli stessi cittadini russi che a migliaia vengono arrestati perché protestano in modo nonviolento contro la guerra.
Tra la guerra e le fonti energetiche c’è sempre stata una connessione molto stretta. Uno degli slogan scanditi sabato dai pacifisti era : “le fonti fossili portano alla guerra, le rinnovabili sono garanzia di pace”. Quanto questo fosse vero lo abbiamo visto con le guerre in Iraq, nelle quali il petrolio è stato una delle principali concause, e lo vediamo oggi con il gas russo che, per arrivare in Italia, passa proprio attraverso il territorio ucraino. Chi controlla l’energia controlla l’economia e chi controlla l’economia può controllare il mondo. Perciò le sanzioni sono uno strumento fondamentale per cercare di porre termine a questa guerra che sta incendiando il cuore dell’Europa.
Ma è anche fondamentale uscire dalla dipendenza dei Paesi fornitori di gas, a cominciare dalla Russia, per non soggiacere a nessun ricatto e condizionamento. L’Italia, di fronte a questa gravissima crisi, sta imboccando strade sbagliate, come la riesumazione del carbone (la fonte fossile più inquinante che c’è), la ripresa delle trivellazioni ( ma i giacimenti nazionali di gas sono in via di esaurimento) o addirittura un fantasioso ritorno al nucleare ( che, oltre all’irrisolto problema delle scorie radioattive, ci espone a pericoli enormi in caso di guerra, come stiamo vedendo in questi giorni) . Se l’Italia (“il Paese del sole”) vuole perseguire l’indipendenza energetica non ha che una strada : il risparmio e l’efficientamento energetico e un piano straordinario per lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Associazione Activists for Peace Sulmona