ROMA – È intervenuto ieri nel programma tv “Mi manda Rai3”, il Sovrintendente sanitario centrale Inail Dott. Patrizio Rossi (tra l’altro originario di Pratola Peligna), nel capitolo della trasmissione intitolato ‘Covid, quando si contrae al lavoro’.
Sulla base di una serie di esempi portati in studio, Rossi ha aggiornato i telespettatori circa le problematicità inerenti i lavoratori che contraggono la malattia sul posto del proprio impiego, specie quando a contatto col pubblico, e nello specifico sul come si faccia a ricostruire l’effettiva filiera del contagio.
Ha affermato Rossi: “l’accertamento per la malattia covid è estremamente complesso perché vi è una sovrapposizione di situazioni di rischio, lavorative e non, che possono confondere nell’ambito della istruttoria medico-legale. Però l’Inail ha fornito delle indicazioni chiare e dirimenti: il dato epidemiologico, il riferito del paziente, i dati acquisiti in base all’indagine ispettiva, i dati provenienti dal quoziente epidemiologico di infettività intra ed extra-aziendale. Ma l’ammissione del nesso di causa resta molto complesso, perché vi è in realtà una sovrapposizione di situazioni contagianti che possono anche svilire il rapporto lavorativo. In alcuni casi è infatti avvenuto che nella prima fase del contagio, i contagi intra-familiari rappresentassero il 65% circa dei contagi contratti”.
Nei casi eccezionali poi, in cui dall’indagine sul lavoratore contagiato risulti che nessuno degli esaminati abbia potuto trasmettere la malattia, Rossi ha detto: “Elemento fondamentale per il riconoscimento del ‘nesso di causa’, è quello di accertare i contatti verificatisi in situazioni espositive importanti nel periodo in cui il lavoratore può essere stato realmente contagiato, per cui tutto questo ci riconduce ad un rapporto ‘anamnestico’: che va dal riferito del paziente alle varie indagini allargate. Ad esempio tra gli operatori sanitari, che costituiscono il target principale delle esposizioni per l’elevata intensità di contatto, non tutti hanno avuto riconosciuto il covid perché alcuni di quei sanitari non stavano operando ‘in presenza’. Ma sono comunque possibili, in casi ancor più particolari, approfondimenti d’indagine, attraverso una ricostruzione che consenta di ricondurre il periodo espositivo in esame con gli effettivi contatti avuti”.