SULMONA – “Meraviglia, perplessità ed anche preoccupazione ha suscitato in me il progetto di legge, condiviso da tutti i gruppi di maggioranza del Consiglio Regionale, d’includere la statua del Guerriero di Capestrano nello stemma della Regione Abruzzo“, scrive Fabio Valerio Maiorano, Deputato di Storia Patria in Abruzzo.
“L’inserimento di quell’effige, infatti, rischia di snaturare e di rendere ancora più “complicato”, per non dire pasticciato e confuso, l’attuale stemma in uso, di per sé già irrispettoso dei principi araldici, della storia dell’Abruzzo e finanche della legge, visto che l’araldica pubblica (concessione o modifica di uno stemma) è materia di “esclusiva competenza” dello Stato, come ribadito anche nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011, art. 1 comma 2, relativo alle “Competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di onorificenze pontificie e araldica pubblica e semplificazione del linguaggio normativo”.
“Evidentemente, nessuno in Regione si è premurato di contattare il competente “Ufficio onorificenze e araldica” per avere i prescritti pareri, tantomeno ha avvertito la necessità di consultare gli esperti di araldica”.
“L’Abruzzo – ha sottolineato Lorenzo Sospiri, presidente del Consiglio Regionale – è una delle poche Regioni a non avere nel suo stemma un elemento simbolico distintivo della propria storia, ma è fin troppo facile replicare che i simboli distintivi presenti negli stemmi di alcune Regioni sono “segni” coerenti sul piano storico e temporale, “figure” in perfetta sintonia con i principi della “filosofia” araldica, una disciplina che mira essenzialmente ad esprimere il massimo della sintesi comunicativa; al contrario, l’effige del Guerriero di Capestrano e lo stemma dell’Abruzzo sono due elementi – anzi due “mondi” – in evidente contrasto cronologico, del tutto incompatibili sul piano storico, ma anche inconciliabili nella resa grafica e delle convenzioni araldiche, vale a dire nella capacità di rendere un’efficace sintesi comunicativa”.
“E’ come se, per esaltare la propria identità, la Regione Lazio mostrasse nello stemma il Colosseo, la Calabria i Bronzi di Riace e la Sicilia un tempio agrigentino. In ogni caso, nel rimarcare sia il rischio di una malaugurata ibridazione dello stemma regionale, sia l’obiettiva difficoltà di amalgamare il messaggio di due elementi palesemente anacronistici e formalmente disomogenei, sfido chiunque – anche i maggiori esperti di araldica – a descrivere compiutamente ogni particolare della statua non solo nel rispetto del linguaggio araldico (si veda in proposito lo specifico vocabolario accluso al citato DPCM del 2011) per quanto in armonia con le convenzioni grafiche e della comunicazione”.
“Già questo particolare, da non sottovalutare, sarebbe più che sufficiente ad accantonare un progetto balzano e inutile.
Nella speranza che il Consiglio Regionale voglia recedere dall’annunciata decisione, sono convinto che la proposta di porre il Guerriero di Capestrano sullo stemma della Regione Abruzzo non possa avere che un impatto decisamente “sgrammaticato”, per le ragioni addotte, e un valore identitario quanto mai modesto, tali da non giustificare “l’alterazione” dello stemma in uso, uno stemma che mostra da quasi cinquant’anni – al pari del gonfalone e della bandiera – una serie di imprecisioni storico-araldiche e di “abusi” che meriterebbero, quelli sì, di essere sanati e disciplinati quanto prima”.